Di inquinamento si parla tanto ma si agisce sempre troppo poco! scarica il report
La tematica pandemica ha monopolizzato l’attenzione di tutti, sottraendola e distraendola da pericoli ben più concreti, di cui la maggioranza della popolazione purtroppo non sa nulla.
Senza andare troppo distanti, a rilevare plastiche e microplastiche negli Oceani, rimaniamo a casa nostra per parlare senza veli del caso Italia, una bomba innescata che rischia di esploderci in faccia.
Cominciamo da principio…
A partire dal lontano 1998 si è iniziato a parlare di SIN, uno dei tanti acronomi apparentemente “innocui” e abilmente creati per confondere le idee a quanti, magari per puro caso, si potessero imbattere nella materia.
I SIN (Siti di Interesse Nazionale) sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali (Art. 252, comma 1 del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii.).
Insomma, stiamo affrontando una tematica molto pericolosa: la contaminazione del nostro territorio che in base alla pericolosità degli inquinanti rappresenta un grave rischio ecologico e sanitario!
L’individuazione dei SIN, di competenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (ora MiTE – Ministero della Transizione Ecologica) ha evidenziato inizialmente 58 zone ad alto rischio, numero che perplime non poco se raffrontato ai dati raccolti dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in base ai quali i siti pericolosi sarebbero addirittura 12.482.
E il dato è ancor più sbalorditivo se pensiamo che, sulla base delle “competenze amministrative” passate in tanti casi dal Governo centrale alle regioni, il numero è stato ulteriormente ridotto e ad oggi è di 42 (dati ministeriali aggiornati a maggio 2021).
Tuttavia, le aree destinate all’opera di bonifica sono 38: un’estensione territoriale pari a 45.878 ettari “bloccati” da qualsiasi utilizzo, agricolo ed edificabile.
Negli anni, la ricaduta economica è stata enorme giacchè i 3.148.685.458 euro stanziati per la bonifica, sono stati utilizzati solo per le “fasi preliminari”…
del resto, in Italia i costi risultano sempre più elevati rispetto agli altri Paesi: in Europa ci sono 340.000 siti potenzialmente pericolosi e i costi per ricerche ed analisi oscillano dai 5.000 ai 50.000 euro (fonte European Environment Agency), in Italia le stesse indagini hanno un costo pari ad oltre 5.000.000 di euro.
Eppure, dalle opere di bonifica il Paese avrebbe tanto da guadagnare: Confindustria ha stimato il fabbisogno in 10 miliardi di euro, che in 5 anni produrrebbero un indotto di 200.000 posti di lavoro, 20 miliardi di aumento della produzione e 5 miliardi di euro di ritorno per l’erario (fra imposte dirette, indirette e contributi sociali).
L’aspetto giuridico non è affatto incoraggiante: confidare in efficaci azioni giudiziarie per punire i colpevoli è pura utopia, poiché l’inquinamento il più delle volte risale a parecchi anni prima, quindi rintracciare i responsabili è pressochè impossibile.
Così, tra consueto burocratese italico e traffici illeciti connessi allo smaltimento dei rifiuti -altra piaga con cui inevitabilmente ci si scontra- la gente si ammala gravemente.
Già, perchè il danno più grave è quello sanitario!
Per anni l’Istituto Superiore di Sanità ha monitorato 45 tra i siti più contaminati d’Italia, tenendo sotto osservazione circa 6 milioni di abitanti.
È stato riscontrato un aumento dei tumori maligni del 9% (in particolare in soggetti con meno di 25 anni), un aumento delle patologie respiratorie (soprattutto in bambini e ragazzi), in generale un aumento del 4-5% del rischio di mortalità con prospettiva di peggioramento.
Questi dati ovviamente non inquadrano il problema nella sua interezza, essendo parziali e non tenendo conto dello specifico tipo di inquinamento: in alcune aree il tasso di mortalità (conseguente a tumori, patologie respiratorie, circolatorie, neurologiche e renali) in entrambi i sessi e indipendentemente dall’età arriva addirittura al 40-50%.
Che si tratti di suolo, sottosuolo o falde acquifere, di metalli pesanti, idrocarburi, diossine, amianto o solventi, il popolo ha diritto di vivere in salute e la salvaguardia di Madre Natura deve avere la priorità assoluta nei fatti, non nei salotti tv!